domenica 30 maggio 2010

Keep on riding, Hop...


40 anni prima di Kathryna, gli Stati Uniti del secondo dopo guerra – quelli del politically correct, degli occhiali da vista con le montature spesse, del polpettone, delle torte di mele e le station wagon con le fiancate in legno – furono sconvolti da qualcosa che aveva l’epicentro sempre a New Orleans.

Non era una calamità naturale, bensì una calamità culturale. Un giovane attore aveva deciso che esordire come regista con un film-tributo a “The Big Sleep” ed il suo carnevale era la cosa giusta. Non interrompere l’uso degli stupefacenti durante la lavorazione anche.

Il film si sarebbe intitolato “Easy Rider”, ed il neo-regista si chiamava Dennis Hopper. Con quel viaggio psichedelico ed allucinato, l’America perdeva la verginità e diventava grande, dovendo iniziare a fare i conti con i diversi, gli outcasts, gli underdogs...chiamateli come volete...il concetto è sempre quello: esisteva qualcuno nel Paese – più d’uno per la verità – che nelle torte di cui sopra, invece che le mele metteva i funghi...e non del tipo che si trova nei boschi.

Quel film divenne il primo vero cult generazionale, e, considerando che la data diceva 1969, la generazione era quella giusta. Le Harley Davidson, Peter Fonda e il Vietnam non sarebbero stati più gli stessi. Gli hippy – o se preferite gli alternativi - erano ufficialmente tra noi. Per restare.

Il film si fa ricordare anche per un altro paio di cosette: il premio come miglior opera prima alla 22esima edizione del Festival di Cannes, e l’essere forse l’unica pellicola in cui Jack Nicholson non arriva primo nella speciale classifica “Con quale membro del cast non fareste mai uscire vostra figlia?”, chè anche lì “Hop” arrivava primo. Con distacco anche.

Negli anni Dennis Hopper si è lasciato andare a qualche contraddizione di troppo – dal magnifico fotografo pazzo/scudiero di Kurtz in “Apocalypse Now” a “Water World” (!?), da “Sfida all’OK Corrall” a “Super Mario Bros.” – ma se hai esordito a neanche 20 anni come attore in “Gioventù bruciata”, allora è scritto nelle stelle...

Con James Dean avrebbe recitato anche ne “Il Gigante”, e la morte dell’amico fraterno lo avrebbe segnato per sempre...

Adesso lo avrà raggiunto sul set che dura per sempre, insieme al terzo componente di quel trio, il colonnello Kurtz in persona, Marlon Brando. Discutendo di arte e libertà...che poi sono la stessa cosa...

R.I.P.

domenica 23 maggio 2010

BRAVI, BENE, MA NIENTE BIS


Quello lì non è uno che ripete, e non lo dice solo perché qualcuno – nello specifico un assai più trascurabile Paganini – lo ha già detto prima di lui e Josè tipo da arrivare secondo non lo è mai stato.

E’ l’Inter ad essere pazza, ma stavolta sul serio e non di gioia, perché nel momento del trionfo inattaccabile, quello ottenuto senza sconti e contro tutti, riesce a rovinarsi il futuro prossimo.

Perché bisogna essere veramente matti a non trattenere a forza il vate di Setubal, al secolo Josè Mourinho, un essere mezzo uomo e tutto mago che ha trasformato una squadra barzelletta – citofonare Severgnini – nella regina d’Europa…

Uno che ha dato via Ibra-cadabra, che tanto di maghi ne basta uno solo, per prendere un difensore scartato dal Barca stellare e soprattutto Diego Milito: un già trentenne con la faccia da sceneggiata napoletana – o da poliziottesco anni ’70 – senza tatuaggi, senza orecchini e senza diritto di cittadinanza nel regno dei Cristiano Ronaldo e dei David Beckham.

Milito no, non lo vedremo mai in una campagna di Armani, ma state tranquilli che le chance di (continuare) a vederlo in mezzo all’attacco telecomandato dal profeta portoghese sono sempre più alte.

Perché Josè nostro – anche se nostro ancora per poco – pirla non è e lo ha detto subito, tanto per non creare equivoci, e quindi figurati se uno con la faccia da Don Bastiano del “Marchese del Grillo” se lo lascia scappare…

Josè ha fatto ieri sera l’ultimo dispetto alla Roma, rubandole uno “slogan” dei latini tanto caro al tifo capitolino…lui sì che ormai può dire “Veni, Vidi, Vici” alla faccia dei Ranieri di tutto il mondo, quelli bravi sì, ma senza quel guizzo, o quel “quid” – sempre per indispettire i latini – che li rende speciali…

Josè speciale lo è sempre stato e lo ha sempre saputo, questo (o quello) è il suo mondo e noi siamo solo spettatori di passaggio…quindi mettetevi comodi che the show must go on o - come sarebbe più corretto – el espèctaculo tiene que continuar, magari rimanendo in quel Santiago Bernabeu ad insegnare ai blancos milionari come si vince, anche senza i Ronaldi e i Kakà, ma con i Maicon e i Militi…anche a Madrid hanno capito che aria tira, Josè è venuto, ha visto ed ha vinto, come sempre…

Noi, dopo due anni, torniamo sulla terra e sarà meglio riabituarsi in fretta ai Ranieri…che messi come stiamo messi, magari ce li meritiamo pure…