martedì 1 giugno 2010

Eastwood, Clint Eastwood...


San Francisco è un posto strano.

E’ la città di Alcatraz e quella di Castro insieme.

Del primo sapete tutto, del secondo dovreste, ma se non è così è suffciente sapere che se cercate il primo posto negli Stati Uniti in cui due esseri umani dello stesso sesso hanno camminato mano nella mano alla luce del sole, allora look no further.

Per questo, ormai 80 anni fa, Clinton Eastwood - meglio conosciuto solo come “Clint”, più asciutto e diretto come tutto ciò che lo riguarda - non poteva nascere altrove.

Solo la città degli opposti e delle contraddizioni poteva dare i natali ad uno che ha passato metà della propria carriera a combattere contro i (pre)giudizi di quelli “bravi” che ne stroncavano le capacità attoriali e l’altra metà a riscrivere la storia del cinema, diventando il più grande autore americano contemporaneo.

Sembrava destinato a sbarcare il lunario come corpaccione televisivo in “Rawhide”, ma poi un visionario e megalomane racconta-storie romano e romanesco colse in lui qualcosa che gli altri non vedevano e lo portò in Italia. Correva l’anno di grazia 1964 e “Per un pugno di dollari” avrebbe aperto una stagione incredibile del cinema italiano e mondiale. Clint nostro, intanto, imparava...

Nei successivi due anni Sergio Leone e “l’uomo senza nome” si dedicarono a completare insieme la trilogia del dollaro – con “Per qualche dollaro in più” e “Il buono, il brutto e il cattivo” – cementando una delle unioni più singolari della storia del cinema: tanto era esagerato, larger than life ed opulento Leone, tanto era asciutto, essenziale e senza fronzoli Eastwood.

Dopo una serie di ruoli “da duro” – un nome su tutti, quello di "Dirty" Harry Callahan, in italiano “Callaghan” – dove sembrava non poter abbandonare mai l’oggetto di scena più caro (la pistola) alla fine degli anni ottanta del secolo scorso, “lostranierodagliocchidighiaccio” stupisce il mondo con la regia di “Bird”, biopic sul nero che una mattina si è svegliato e ha deciso che il jazz non era male, ma si poteva fare di più: Charlie “Bird” Parker.

Se il cinema era stupito che l’ex uomo pistolero con due espressioni (una con il cappello e una senza) potesse avere quel tipo di sensibilità artistica, beh...avrebbe fatto meglio a mettersi comodo che non aveva ancora visto niente...

La data astrale è 1992, il titolo è “Gli Spietati” ed il genere completamente rivoluzionato e reinventato è quello – tanto amato – del western. Primo Oscar alla regia per Clint, e tante care cose a quelli che ancora si sbattono ad etichettare cose e persone...

L’anno successivo, cambia radicalmente registro portando sullo schermo “Un mondo perfetto”, dove la relazione tra vittima e carnefice tocca livelli altissimi (se lo avete visto e non vi siete commossi non vi voglio neanche conoscere)...

Seguono i capolavori assoluti come “Mystic River”, “Million Dollar Baby” e “Lettere da Iwo Jima”, preceduti da alti – come “Potere assoluto” – e bassi – “I ponti di Madison County”, ma perchè Clint?! –ma ormai Eastwood da maschera perfetta per il “duro” born in the U.S.A. è diventato icona senza tempo e senza spazio. Come sancisce “Gran Torino”, semplicemente IL CAPOLAVORO.

“Avete mai fatto caso che ogni tanto s'incrocia qualcuno che non va fatto incazzare? Quello sono io...”

Tranquillo Clint, noi volevamo solo farti gli auguri...

2 commenti:

  1. Tutto perfetto....a parte I ponti di Madison County. Hai chiesto, " Perchè?" Bè, perchè anche un genio coriaceo e tutto d'un pezzo ha diritto nella vita a sperimentarsi in un territorio che non è il suo. Perchè è credibile pure in quel ruolo, perchè con lei fa una coppia meravigliosa, perchè, dicono, che la scintilla sia scoppiata davvero e se non è vero sembrava vero...e perchè versare ettolitri di lacrime davanti ad un film ha una funzione catartica. Ecco perchè.

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  2. Ubik. Alba io penso che ti sbagli, c'è qualcosa che tu non hai colto in questo film.

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