venerdì 18 giugno 2010

SWEET SIXTEEN: IN RON WE TRUST



NBA Finals 2010: Los Angeles Lakers campioni, Kobe Bryant MVP.

Tutto come un anno fa? Manco per sogno…

Il black mamba può alzare il trofeo e gioire chè la scimmia ormai dalla spalla è scesa e non ci tornerà più, ma non mi dite che questi sono i Lakers di dodici mesi fa…

Perché tra giganti-bambini che farebbero prima ad andare a Lourdes e sperare in una benedizione miracolosa, catalani che quando vedono la bestiameglioconosciutacomeKevinGarnett si trasformano in Ga-soft (ovvero la versione kryptonitica di un grande giocatore) e newyorchesi talentuosi sì, ma che se ti sposi una delle sorelle Kardashian (tra l’altro con l’aggravante di essere quella che con i capelli a zero sembra Fisher, cazzo almeno scegli la più figa…no niente…) allora non è che puoi aspettarti più di tanto…

Arriva uno che è più uguale degli altri, un altro newyorkese, ma di quelli che “puoitirarefuoriunuomodalghettomanonpuoitirareilghettofuoridaunuomo” e allora tutto cambia e per voi sono cazzi…

Prima dichiarazione appena firmato con i Lakers un anno fa: “Non fatemi neanche pensare a quanti soldi ho dovuto rinunciare per essere qui e vincere il titolo” (n.d.r. non ha detto “provare a”, ha detto “vincere”, cojones)

Prima dichiarazione dopo la sirena di gara-7: “Ringrazio il mio psichiatra” (qui è fortemente gradita la standing ovation).

Non sono i venti punti di stanotte – 20 punti con tutta la difesa che ha messo sul parquet…fantascienza – ma è quel tiro da tre…brutto nello stile, ma perfetto in tutto il resto, immagine di uno che non ha mai cercato essere qualcun altro, plasmando la sua vita sulla versione che gli altri avrebbero voluto vedere (sorry, KB, truth hurts), ma che è sempre e solo stato se stesso,”‘Cause if I Gotta Die, Rather on My Side”…

Quindi, nel giorno della consacrazione di Bryant – come se non fosse stato già abbastanza chiaro a tutti – a miglior giocatore di questo pianeta, noi omaggiamo Ron-Ron, “TruWarrior” come lo conoscono al Rucker Park, oppure “fatty-boy” come un giorno lo chiamò un poveretto prima di ricevere un treno - mascherato da pugno - dritto in faccia.

Grazie Ron, di tutto. E di cuore. Magari grande come il tuo.

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